Guasti o cyber attacchi: non si possono evitare del tutto, ma occorre prevenire i rischi e gestire gli incidenti al meglio. Affidare tutti i nostri dati a pochi colossi globali del cloud ci allontana da sovranità e sicurezza.
Il recente blackout di uno dei principali provider globali ha ricordato a tutti quanto sia fragile l’infrastruttura su cui si regge la nostra vita digitale. Ma non dovrebbero essere gli incidenti di un giorno a farci riflettere sui rischi di affidare i nostri dati a operatori extraeuropei. Non serve aspettare un blackout per capire che i nostri dati — personali, aziendali o pubblici — sono il cuore pulsante del nostro futuro.
Affidarli interamente a operatori extraeuropei significa rinunciare, in parte, al controllo del nostro sviluppo. La sovranità digitale non è protezionismo, è responsabilità: vuol dire costruire un ecosistema sicuro, affidabile e competitivo, basato su infrastrutture nazionali o europee e governance trasparenti.
In un commento a caldo per La Repubblica, l’AD di Netalia e Presidente del Consorzio Italia Cloud Michele Zunino afferma che “Un guasto può sempre capitare, a chiunque. Parliamo di tecnologie ad alta complessità e interconnesse: gli effetti di un malfunzionamento o incidente, anche minimi, si propagano in tempo reale in tutto il mondo”.
Non è questo che dovrebbe sorprenderci o scandalizzarci. Lo stupore dovrebbe venire piuttosto dall’evidente mancanza di consapevolezza sui rischi reali che corriamo affidando tutti i nostri dati nelle mani di pochissimi colossi globali del cloud, talvolta a uno solo, confidando in un’ipotetica loro infallibilità.
Il disservizio di oggi [del 20 ottobre 2025] , qualunque sia la causa (poco importa), mette in luce una criticità ormai ineludibile: l’urgenza di ridurre la nostra dipendenza da operatori extraeuropei per la gestione dei dati strategici del nostro Paese, pubblici o privati.
Di segno simile anche l’intervista rilasciata a Il Secolo XIX: Stiamo regalando i nostri dati. Necessario il cloud italiano, in cui Zunino solleva anche il tema della tutela della proprietà intellettuale dei dati affidati: “siamo sicuri che [gli hyperscaler] non li usino per allenare i loro algoritmi di intelligenza artificiale?” si chiede.
I dati dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni devono essere gestiti su infrastrutture sicure, che vuol dire localizzate in Italia, appartenenti a un ecosistema che si muove in un perimetro di interessi comune e conformi alle normative europee sulla protezione dei dati. Solo così si può ridurre la vulnerabilità a eventi esterni, rafforzando la fiducia nel digitale. Abbiamo fatto troppo affidamento sull’USA-as-a-Service in tecnologia, è il momento di riacquisire la nostra autonomia.
Il problema non è il disservizio in sé, ma la nostra dipendenza da pochissimi colossi globali del cloud, ai quali affidiamo dati e servizi critici confidando in una loro presunta infallibilità. (Michele Zunino)
Resta un tema politico prima che tecnologico. Il Governo dovrebbe infatti promuovere politiche che facilitino la migrazione verso infrastrutture nazionali, anche attraverso i bandi dedicati per PA e imprese e il procurement pubblico.
In conclusione, l’Italia ha le competenze e la visione per diventare un modello di sovranità digitale in Europa. “È il momento di agire, per non trovarci nuovamente ostaggi di guasti oltre confine, quantomeno diversificando in modo massiccio e rigoroso il ricorso ai vari cloud provider, privilegiando gli operatori nazionali. L’indipendenza digitale non è più un’opzione, ma una necessità strategica”.